SCELGO PANE, PASTA o RISO?
…è solo questione di indice glicemico!?

La Nostra Salute

A chi ha esperienze di diete o pratica seriamente attività sportiva questo concetto è tutt’altro che sconosciuto, rappresenta un po’ un “tormentone” con cui fare i conti ad ogni pasto, ma per molti è un concetto nuovo!

Che cos’è l’indice Glicemico?

L’indice glicemico (IG) è un valore numerico utilizzato per classificare gli alimenti contenenti carboidrati in base alla velocità con cui aumenta la glicemia in seguito alla loro assunzione.

Gli alimenti che hanno un IG superiore a 70 causano un repentino innalzamento del livello di glicemia dopo il loro consumo, quelli con un valore inferiore a 50 un lento rilasci la alzano lentamente.

Quando la glicemia si alza repentinamente, viene prodotta insulina per riportare il livello del glucosio nel sangue velocemente entro i limiti di normalità. Dove finisce questo zucchero? Viene depositato come grasso, “appiccicato” alle pareti arteriose favorendo l’arteriosclerosi (che porterà nel tempo a problemi circolatori), al tessuto renale, a quello dell’occhio portando il corpo ad un invecchiamento precoce. Inoltre quando l’insulina rimane alta per parecchie ore al giorno in conseguenza ad un’alimentazione errata, si crea un circolo vizioso con conseguente rischio di insorgenza di insulino-resistenza, dove l’insulina si manterrà indipendentemente al consumo di cibo, vi sarà uno sbilanciamento degli ormoni sessuali favorendo i tumori ormonosensibili o peggiorando ad esempio la sindrome dell’ovaio policistico, aumenterà il colesterolo e l’infiammazione con ripercussioni sul rischio di malattie tumorali e cardiovascolari.

Associare gli alimenti riduce gli effetti negativi

Puoi evitare i picchi glicemici abbinando gli alimenti ad alto indice glicemico con alimenti ricchi di grassi, come l’olio, oppure abbinandolo a proteine o fibre (la famosa verdura cruda prima dei pasti!) che, rallentando lo svuotamento dello stomaco, riducono la velocità di assorbimento degli zuccheri e quindi l’aumento della glicemia nel sangue.

Altri fattori che rallentano l’assorbimento degli zuccheri sono la tipologia di amido di cui è composto l’alimento e la sua cottura, per questo motivo il riso lungo, basmati, ha un indice glicemico più basso del riso tondo da risotto.

Per quel che riguarda la cottura, durante questo processo si verifica la gelatinizzazione in cui l’acqua e il calore agiscono in modo combinato rigonfiando e provocando la rottura dei legami tra le molecole di glucosio con conseguente perdita della struttura dell’amido e aumento della sua velocità di assimilazione e quindi dell’indice glicemico. I fattori che aumentano il grado di gelatinizzazione sono principalmente la temperatura di cottura e la quantità di acqua. Nella pasta tenuta al dente oppure nella cottura a vapore, la cottura ha un basso potere idratante, per cui indurrà una minima gelatinizzazione, al contrario della bollitura.

Processi industriali come l’estrusione (es. cereali da colazione, gallette di riso), il flaking (fiocchi di cereali) e il popping (es. cereali soffiati, popcorn) aumentano la velocità di assimilazione del prodotto finale in quanto in generale più aumentano le temperature, la pressione e gli stress meccanici sul cereale e più aumenta il suo indice glicemico. Ne consegue che la tanto temuta pasta ha un indice glicemico minore rispetto a questi prodotti come gallette di riso e mais ad esempio.

La panificazione con pasta madre rispetto a quella con lievito di birra, grazie alla maggior acidità prodotta nell’impasto.

Cosa dire di pasta e riso?

La pasta ha un indice glicemico minore del riso per il maggior rapporto amilopectina/amilosio (vedi sotto) e per il processo di essiccazione a cui è sottoposta che diminuisce il grado di gelatinizzazione dell’amido a patto che avvenga a basse temperature. Fanno eccezione il riso basmati e il riso paraboiled (trattamento secondo il quale il riso viene cotto a 60°C, riscaldato poi a vapore ed essiccato) per i quali i valori di IG sono paragonabili a quelli della pasta. Tra la pasta, quella a formato lungo, come gli spaghetti, ha un indice glicemico più basso di quella corta, quella integrale più basso di quella bianca e la pasta all’uovo più basso di quello secca (per il contenuto in grassi e proteine che abbassa l’indice glicemico)

In alternativa alla pasta, i cereali in chicco integrali (non perlati, compreso il riso) così come legumi con buccia hanno un indice glicemico minore rispetto alla pasta a causa della presenza delle strutture vegetali integre che riducono il grado di idratazione e quindi provocano un minor rigonfiamento e una minore dispersione dell’amido nel chicco che è così meno velocemente assimilabile (pensiamo che in 10 minuti la pasta rischia di essere già troppo idratata = scotta, mentre un chicco di frumento in 45 minuti è ancora al dente!).

Per ridurre l’indice glicemico di un piatto di pasta o riso, infine, si può cuocerla e consumarla dopo averla lasciata raffreddare (la famosa pasta del giorno prima). Durante il raffreddamento, l’amido e in particolare le catene di amilosio si modificano (AMIDO RETROGRADATO) diventando più difficilmente attaccabili dai nostri enzimi digestivi ma non da quelli dei batteri intestinali che lo trasformano producendo acidi grassi a catena corta che abbassano il pH intestinale favorendo la proliferazione di batteri buoni e inibendo i patogeni svolgendo molte attività benefiche come abbassare trigliceridi e colesterolo nel sangue, migliorare l’assorbimento dei minerali e controllare la glicemia.

Come quindi riuscire a conciliare la necessità di fare pasti equilibrati anche dal punto di vista dell’indice glicemico senza avere grandi conoscenze in merito e con i ritmi della vita quotidiana?

Un pasto equilibrato dovrà prevedere sempre una quota di carboidrati meglio se complessi (pane, pasta, cereali) in forma integrale e in chicco ma non sono esclusi anche in altra forma come i tuberi: importante è che siano preceduti da una quota di verdura e magari associati ad una porzione di proteine e grassi: la fibra contenuta nella verdura, le proteine e i grassi rallentano lo svuotamento dello stomaco riducendo la velocità di assimilazione del pasto dando così sazietà a lungo senza provocare i tanto temuti picchi glicemici.

Attenzione ai regimi alimentari iperproteici

I cibi proteici come la carne, il pesce, le uova e il latte, pur non avendo alcun effetto sulla glicemia in quanto privi di carboidrati, stimolano, anche se in diversa misura, la secrezione di insulina con gli effetti deleteri sulla salute descritti in precedenza.

L’angolo del secchione! Per chi vuole approfondire…

Per calcolare l’indice glicemico è necessario assumere un quantitativo di alimento contenente 50 g di carboidrati e misurare il livello di zuccheri nel sangue (glicemia) nelle successive due ore.  Il valore ottenuto viene poi confrontato con quello standard di riferimento e cioè un pari quantitativo di glucosio o di pane bianco (indice glicemico=100). Se un alimento ha indice glicemico pari a 60 significa che ingerendo 50 grammi di quel dato alimento la glicemia sale del 60% rispetto a quanto avviene con 50 grammi di glucosio o di pane bianco.

I tuberi e la banana abbondano di catene ramificate (amilopectina) mentre i cereali I cereali, ad esempio, sono composti prevalentemente da catene lineari di glucosio (amilosio), alcuni cereali e i legumi si collocano a metà con un mix tra strutture lineari e ramificate.

Le varie strutture di amido hanno diversa “velocità” digestiva e in particolare più il vegetale è ricco di amilosio (catene lineari), più la sua digestione sarà lenta (e quindi indice glicemico più basso) perché nella struttura lineare la digestione procede in un’unica direzione mentre in quella ramificata esistono più punti in cui gli enzimi possono attaccare la molecola provocando un rialzo più repentino della glicemia. Quindi, la patata che ha una bassa percentuale di amilosio, ha un indice glicemico molto alto, mentre le lenticchie, che hanno una percentuale di amilosio più alta, hanno un indice glicemico basso.

Conoscere l’indice glicemico di un alimento è un aspetto importante ma non sufficiente per capire l’effetto di un dato cibo sulla glicemia perché dipende anche dalla quantità consumata (quello che viene detto carico glicemico),

Per esempio guardando al solo valore IG, i datteri secchi (IG 80) sarebbero da escludere completamente dalla dieta anche se sono degli ottimi alimenti per il loro contenuto di fibra (che aiuta nel caso di stitichezza) e in sali minerali ma nella dose in cui vengono consigliati per un corretto stile di vita il loro effetto sulla glicemia è ridotto; allo stesso modo ortaggi come le carote da bollite hanno un elevato valore di IG paragonabile a quello delle patate ma contengono un quantitativo di carboidrati pari circa alla metà per cui è necessario consumarne una dose doppia per ottenere un simile rialzo sulla glicemia (100 g  patate cotte con la buccia alzano la glicemia con la stessa  velocità di 200 g di carote crude).

Foto da Pixabay