Intolleranze alimentari:

quando l’organismo si ribella (ma non troppo)

La Nostra Salute

  • Soffri di gonfiori addominali, sfoghi cutanei, mal di testa? Potrebbe essere un’intolleranza.
  • La buona notizia: diversamente dalle allergie, l’intolleranza non mette a rischio la vita. Certo, è fastidiosa, ma si può controllarla.
  • Ancora una volta, la dieta variata è un elemento chiave del benessere.

Tolleri male il lattosio? Mangi la pasta e ti trovi stanco e con la pancia gonfia? Forse ti farà piacere sapere che sei in buona compagnia, perché queste intolleranze alimentari sono le più diffuse tra gli italiani! Insieme ad altre reazioni avverse al cibo come lievito di birra, fruttosio, sesamo, soia, uova, crostacei, noci, mandorle, arachidi… Nel caso delle intolleranze, dato che la lingua batte dove il dente duole, non è raro che il primo alimento su cui ricadono le proprie scelte, il proprio beniamino, sia quello che dà i problemi, la regola d’oro per tenere lontane le intolleranze è la varietà alimentare!

Ma per cominciare, come faccio a sapere se ho un’intolleranza o un’allergia?

Intolleranza o allergia?

Pur avendo sintomi simili, sono nettamente diverse.

Allergie: scatenano la reazione immediata del sistema immunitario, non dipendono dalla dose (basta una piccolissima quantità per avere l’effetto negativo).

Intolleranze: si fanno sentire dopo un po’ – da qualche ora a un paio di giorni – e sono dose-dipendenti: più si consuma un alimento, maggiori gli effetti, perché c’è un effetto “accumulo”. Esiste una soglia limite, variabile a seconda delle persone e delle situazioni. Presentandosi a distanza di tempo dal consumo dell’alimento, è difficile stabilire in autonomia a cosa si è intolleranti.

I sintomi sono tanti e variano da individuo a individuo:

diarrea o stipsi,

nausea,

reflusso gastroesofageo,

dolori addominali,

gonfiore,

mal di testa,

stanchezza,

dolori articolari,

raffreddori o rossori cutanei,

naso che cola.

Le principali intolleranze

Latticini. A finire sul banco degli imputati è prima di tutto il lattosio, uno zucchero che per essere assimilato deve essere scisso dall’organismo con l’aiuto dell’enzima lattasi, che purtroppo con gli anni tende a ridursi. Il risultato è che consumando latte, gelati, budini, creme, besciamella o formaggi freschi si può cominciare a percepire un mal di pancia, dolori articolari o un mal di testa, o a vedere qualche arrossamento cutaneo… Il rischio è però minore con yogurt e kefir, che sono prodotti fermentati nei quali il lattosio è “pre-digerito” dai batteri buoni, ed è assente con i formaggi stagionati, che sono naturalmente quasi privi di lattosio. In compenso contengono caseina, una proteina del latte, capace anch’essa di causare reazioni. Data la sua natura “collosa”, non è difficile che aumenti la produzione di muco e che rallenti il transito intestinale.

Cereali con glutine. Grano, farro, kamut e spelta (tutti appartenenti alla famiglia del frumento, insieme a derivati come pasta, cuscus e bulgur), e in minor misura orzo e segale contengono tutti glutine, proteina responsabile della malattia celiaca. Ma se questa è a tutti gli effetti una malattia autoimmune, ben diversa è l’intolleranza al glutine non celiaca, chiamata “sensibilità al glutine”, la cui sintomatologia è simile alla celiachia vera e propria e scompare eliminando il glutine dalla dieta per alcuni mesi. Esiste anche una forma di intolleranza al frumento: di fatto non è strano, se pensiamo che questo cereale è il grande protagonista della tavola, sotto forma di pasta, pizza, focacce. Un passo verso la prevenzione di questi disturbi è utilizzare nella quotidianità i grani antichi (senator cappelli, gentil rosso, timilia ecc.), che non hanno subito mutazioni e sono meglio digeribili e tollerabili, tenendo il frumento qualsiasi per la pizza con gli amici o altre rare occasioni.

Lievito di birra. Sono moltissimi i prodotti che lo utilizzano; ha il vantaggio di agire rapidamente e di facilitare la preparazione degli sfornati. Il lievito di birra si può quindi trovare in grissini, pizze, pane, focacce, dolci ed è spesso la prima scelta quando si preparano in casa questi cibi. Ma diversamente dalla pasta madre non rielabora bene gli impasti, che quindi risultano meno digeribili. Perciò se da una parte è bene non abusare di sfornati industriali, dall’altra è bene dare la preferenza ai prodotti lievitati con pasta madre.

Zucchero. Ecco un alimento piuttosto subdolo e tentatore, capace perfino di dare la dipendenza! Offre gratificazione e un senso immediato di energia, ma presto l’effetto svanisce e allora si cerca di rincorrerlo con un altro cioccolatino, un altro pasticcino… Ma oltre a rischiare sovrappeso e diabete, si rischia di diventare pure intolleranti ai prodotti contenenti zucchero, sostanza che altera il microbiota intestinale, riducendo la capacità digestiva.

La dieta a rotazione

Ignorare le intolleranze non è possibile: continuando a consumare il cibo incriminato, il malessere che ne deriva non è più saltuario ma finisce col diventare fisso. A questo punto, una volta individuato il cibo incriminato è, dalla mia esperienza, la soluzione migliore è eliminarlo completamente per almeno un mese. All’inizio sembra di stare meglio, ma trattandosi di cibi diffusi, può capitare di assumerli inconsapevolmente dopo una lunga astinenza, scatenando a volte una forte reazione perché nel frattempo il corpo si è “pulito”, ha riacquistato energia, e chiede ancora del tempo per finire di guarire dall’intolleranza prima di reintrodurre il cibo incriminato. Una volta rientrata l’intolleranza è importante non continuare a tenere fuori dalla propria alimentazione l’alimento, ma riabituarsi gradualmente al cibo incriminato e poi a non esagerare mai nel suo consumo. Proprio a questo serve una seconda fase con la dieta a rotazione, che aiuta anche a capire quanto davvero lo possiamo consumare. Poniamo i latticini. Ecco come fare:

  1. eliminare per 3 meglio 4 settimane latte e derivati, leggendo bene le etichette e vedere se i sintomi si riducono;
  2. reintrodurli gradualmente ogni 2-3 giorni, facendo attenzione all’eventuale ricomparsa dei sintomi;
  3. tornare a consumarli regolarmente, ma stando attenti a non superare la soglia e limitando il consumo a un paio di volte alla settimana. Per esempio bisogna evitare di bersi un tazzone di latte, ma limitarsi piuttosto a prendere il caffè macchiato, facendo poi attenzione a non mangiare altri latticini lo stesso giorno;
  4. se necessario, ripetere la procedura con un altro alimento.

E fuori casa?

Quando si fa la spesa o si mangia al bar o al ristorante, bisogna sempre tenere presente che uova, glutine, lattosio, lievito di birra e caseina si nascondono facilmente nei piatti pronti e nei cibi trasformati, ma anche in affettati che sembrano innocui come il prosciutto cotto! Il lattosio è forse il più subdolo, dato che si può trovare anche in polvere. Possono contenere latte i sorbetti, sfornati dolci o salati (come i panini usati per le tartine), piatti pronti come lasagne e sformati di verdura (nella besciamella). Qui si può trovare anche il formaggio da grattugia, che può essere presente pure in un risotto. Quanto alle uova, queste possono comparire tra gli ingredienti pastorizzate o polverizzate, o sotto forma di derivati quali albumina, globulina, ovoalbumina, ovomucina ecc. Inoltre si trovano anche in pasta fresca, cibi impanati, gelati, maionese e salse varie. Quanto al glutine, questo può essere aggiunto a vari sfornati ed è spesso presente nei piatti proteici per vegani (seitan, burger ecc.). Sono invece privi di glutine mais, riso, miglio, saraceno, quinoa e amaranto.

Varietà a tavola

A prescindere dalle intolleranze, è bene ricordare che per stare bene bisogna vezzeggiare il microbiota intestinale. Ciò significa nutrirlo adeguatamente con le fibre, gli antiossidanti e le vitamine presenti nei vegetali, ed evitare di danneggiarlo assumendo antibiotici a sproposito. Gli alimenti raffinati in genere e/o trattati con pesticidi e le diete monotone (tipo pomodori 365 giorni all’anno, pasta al sugo tutti i giorni…) non sono alleati della flora buona, e anche lo stress può alterarla, riducendo la capacità digestiva e la tolleranza.

Difficile? Niente affatto, l’asso nella manica si chiama dieta bio variata. Un giorno mangio grano e l’altro riso o miglio; la mattina faccio colazione una volta con lo yogurt e fiocchi di avena e un’altra con uovo e pane multicereali, o con pane di farro e burro di mandorle. Ai pasti principali non dimentico di mettere nel piatto ortaggi crudi e cotti rigorosamente di stagione e quanto più possibile variati. Il palato ringrazia e l’intestino anche!

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Foto di Kampus Production in Pexels.

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