Il Kamut®, un marchio registrato
La Nostra Salute
Da qualche anno sugli scaffali dei supermercati, e non solo dei negozi di prodotti naturali, si sono fatti strada prodotti da forno realizzati con farina di Kamut®. I più curiosi hanno iniziato ad acquistarlo per il fascino della novità altri perché consigliati da amici e nutrizionisti…un poco alla volta è entrato nella nostra lista della spesa e nelle nostre dispense perché di fatto ha un buon sapore con un lieve retrogusto di nocciola e risulta per molte persone più digeribile del frumento (soprattutto del frumento con cui si produce “normalmente” la pasta in Italia!).
Ma cosa cela questo nome di fantasia? E quel cerchietto con la R?
Il Kamut®, è un marchio registrato negli Stati uniti con la sigla QK-77 . Come scrive Massimo Angelini (del Consorzio la Quarantina di Genova) in modo molto dettagliato nel suo articolo: “Il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut® è coltivato negli Stati Uniti (Montana) e nel Canada (Alberta e Saskatchewan), sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, proprietaria della società K.Int.; in Italia è importato solo da aziende autorizzate e può essere macinato solo da mulini autorizzati. Tutti i prodotti che portano il marchio sono preparati e venduti sotto licenza della K.Int. e sotto il controllo della Kamut Enterprises of Europe”.
Sono stati fatti dei tentativi di coltivare il grano Kamut® in altre aree del mondo (Australia, Argentina, Egitto) ma l’azienda americana è rimasta delusa per la scarsità dei raccolti e a causa della scarsa qualità del prodotto. Anche in Europa (Ungheria, Austria, Germania, Spagna) e in Italia (Italia Settentrionale, Umbria e Sicilia) furono fatti dei tentativi ma senza esito positivo: “Nel 1994 furono collocati alcuni campi sperimentali nell’area del delta del Po non lontano da Bologna. La coltivazione del Kamut® si rivelò economicamente insostenibile, a causa dei raccolti veramente scarsi. Altri test a Colatone, sud di Pisa, dettero raccolti di qualità così bassa da essere inaccettabili”.
Quindi, dato che la produzione odierna di Kamut® è limitata alle Grandi Pianure semi aride del Montana, di Alberta e del Saskatchewan, significa che le farine vengono lavorate e trasformate anche da aziende locali italiane ma provengono quasi totalmente dall’estero.
Anche in Italia disponiamo di alcune varietà di Khorasan, dice ancora Angelini:
“senza contare che un tipo di Khorasan era (e, marginalmente ancora è) coltivato anche tra Lucania, Sannio e Abruzzo: è la Saragolla, da non confondere con una omonima varietà migliorata di frumento duro ottenuta da incrocio e registrata nel 2004 dalla Società Produttori Sementi di Bologna”.
Quando il Kamut® viene coltivato fuori dagli standards americani, e quindi non può essere venduto sotto il nome registrato, lo possiamo trovare in commercio con nomi di fantasia tipo “grano del faraone”, “grano del sole”, “antico cereale” o altre diciture. In ogni caso è un grano duro, cioè un frumento, adatto alla produzione di ottima pasta, grissini crackers e pane con il retrogusto di nocciola! In quanto grano duro è molto ricco di proteine e, anche se il suo glutine è meno irritante di quello del grano solitamente commercializzato, non è assolutamente indicato per i soggetti già celiaci o con diagnosticata sensibilità al glutine, mentre invece risulta ottimo per la prevenzione di queste malattie perché porta una ridotta stimolazione del sistema immunitario e della parete intestinale.
Per quanto riguarda il suo comportamento in campo, il Kamut® (come scrive Alex Giuzio, in Agrinotizie) è una pianta dal colmo alto e flessibile, con foglie verde chiaro e glabre e spiga aristata, con reste nere alla base e gialle verso l’apice di lunghezza media. Le spighette di solito hanno due o tre semi di colore scuro e di grandi dimensioni in rapporto alle altre varietà di frumento duro. L’altezza della pianta di Kamut® va dai 140 ai 160 centimetri, e il periodo di spigatura è molto più tardivo rispetto agli altri frumenti duri. Il portamento di questa pianta alla fine dell’accestimento è eretto e, nonostante la taglia elevata, riesce a resistere all’allettamento.
Il Kamut® ha un notevole vantaggio che sta nella sua adattabilità: questa specie di frumento è infatti facilmente coltivabile nei sistemi agricoli biologici e a basso impiego di mezzi tecnici. Per quanto riguarda la semina, essa avviene in autunno, e può essere effettuata con le normali seminatrici per cereali. La quantità di seme da utilizzare va dai 200 ai 250 kg/ha, e l’investimento non supera i 350 cariossidi a metro quadrato. Con tali condizioni, la coltivazione di Kamut® garantisce rese in granella per ettaro tra i 15 e i 20 quintali.
Sull’origine di questo cereale si trovano ipotesi contrastanti: chi sostiene che il suo essere é antico, o almeno molto vecchio, di origine iraniana dove ancora verrebbe coltivato e di cui si trova traccia nel 1921 dopo un incrocio tra un grano comune e la varietà polonicum; altri, come Civiltà contadina, asseriscono che è un grano molto più recente e spagnolo.
Al di là delle solite diatribe, che fanno spesso perdere di vista i punti importanti, i prodotti a base di Kamut® sono buoni, ben digeribili ed hanno fatto breccia in un mercato monopolizzato dal grano creso, iniziando a mostrare ai consumatori che di grano ce ne son più varietà!
Il problema potrebbe porsi sul marchio…vogliamo veramente sostenere un mercato così?
Come accennavo nel precedente articolo noi consumatori possiamo orientare il mercato…magari chiedendo ai panificatori di zona o ai negozi che vendono pane prodotto con pasta madre di iniziare a usare grani antichi anche per aprire un mercato ai contadini che vorrebbero produrli.
Foto di 42north in Pexels.
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